Il mestiere di scrivere per il web

Sono certa che ognuno ha tra i propri contatti di Facebook una vicina di casa, una cugina, una collega che condivide articoli di blog e siti dal contenuto veramente discutibile. Post che hanno la pretesa di essere seri, di dare lezioni di vita, di proporsi come guida spirituale; cose tipo “5 cose da non fare al primo appuntamento”. Un concentrato di luoghi comuni, sciocchezze e cose che le persone vogliono sentirsi dire e devono sentirsi dire: perché le persone davvero cercano su Google la soluzione a tutto, dai dolori alla schiena, all’unghia incarnita al rapporto conflittuale con la figura materna.
Conosco bene questo mondo perché ci sono stata per un bel po’ dentro, perché voi mica ve lo chiedete chi ci sta dietro a queste massime filosofiche, chi le scrive. C’è gente come me che ha deciso di guadagnarsi da vivere scrivendo; senza fare troppi giri di parole, per parecchio tempo mi sono fatta pagare per scrivere cose imbarazzanti. Imbarazzanti ma retribuite in moneta e non in visibilità.

Avevo deciso molti e molti anni fa che la scrittura, in qualche modo, sarebbe stato il mio mestiere: questo desiderio ha fatto un giro immenso, e poi è tornato e attualmente mi ha dato anche una stabilità e una vita lavorativa divertente, ma prima di tutto questo è stato un oceano di notule, mail, lotte con WordPress, consegne alle 3 di notte. Tra una guida all’acquisto dei migliori mouse, un’intervista che pensavi fosse scritta in gaelico ma era solo italiano appreso presso la scuola della vita, gallerie dei cuccioli più teneri del mondo, sono finita anche a scrivere post di ogni tipo, basati sulle emozioni delle persone, un’infinità di testi pronti a far piangere fino a dopo domani un certo tipo di lettori e lettrici.

Una cosa davvero divertente fu vedere come alcuni miei contatti Facebook condividevano uno di questi link che, a suo tempo, ebbe parecchio successo: un link sul rapporto zie-nipoti. Io ridevo, ridevo leggendo i commenti sui canali social dove gli articoli venivano pubblicati, i commenti all’articoli, i commenti dei miei amici sul grado di surrealismo che la mia vita stava prendendo. Ogni giorno, dopo una sessione intensa di studio per gli esami, invocavo lo spirito di Barbara D’Urso, e le chiedevo gentilmente di darmi la capacità di essere vicina al sentire del pubblico femminile. Dicevo “Barbara, tu che sei la Maestra, infondi un po’ di sapienza in queste umili mani, che non sono illuminate dalla sapienza né, come te, da un riflettore”. Diciamo che è sempre andata bene, ma quella volta benissimo, e i complimenti fioccavano anche “dai vertici aziendali”. La mia vita in quel periodo era davvero ai limiti del borderline: passavo dai libri di filologia, ai problemi di linguistica e/o della mia tesi a chiedermi come riconoscere i segni di quando lui ti tradisce.

women-2586042_1280

La cosa peggiore per me è sempre stato cercare le immagini adatte; solo in quei momenti mi sentivo un pennivendolo al servizio del Regime alla ricerca di foto di persone belle felici e rassicuranti, tipo propaganda fascista

Ho pensato che era il caso di raccontare questa storia per due motivi:
1: in questo Paese se vuoi vivere scrivendo e alle tue spalle non hai il sostegno economico di qualcuno, è davvero difficile. Ho visto una generazione di persone con una formazione umanistica, che sognavano di diventare giornalisti ad esempio (eccomi) virare verso il mondo della scrittura online e dei contenuti per il web. A qualcuno, come me, è andata bene, ma so di dovermi ritenere fortunata. In genere è tutto un “offriamo possibilità di conseguire tesserino giornalistico”, “non è previsto compenso”, “team giovane e dinamico dove crescere”. Molte altre volte, capita – come è capitato per anni a me – di incontrare persone che, seppure avevano la pretesa di cercare una persona che sapesse scrivere, e allo stesso tempo avere competenze di: grafica, social media strategy, photo editing, veterinaria, cucina brasiliana. Forse perché tutto questo si impara all’università della vita, ma io ho studiato solo all’Orientale e alla Federico II.
Non contano le lauree e dirgli “guarda che mentre scrivo la mia tesi su Gadda io poi ti rifilò in cinque secondi i 10 problemi delle relazioni a distanza”. No, loro cercano “qualcosa in più”.
2: Una lettrice ha commentato così uno dei post del blog, di cui mi arrivano ancora le notifiche via mail e quindi ho ripensato a questa lunga esperienza:

commento
Io voglio bene a Marta. E altro non mi va di aggiungere perché ha detto tutto lei. Chissà se si immagina che dietro questi articoli ci sono due mani vere, perché io mi immaginavo tutti i giorni le facce delle persone che mi prendevano sul serio. Potevano tornare a casa e dire “tu mi tradisci, ho letto in questo blog i cinque segnali che devono fare scattare il campanello di allarme, è finita” oppure inviano il link alla nonna dell’articolo sui nonni. Qualcuno avrà pianto? Qualcuno avrà davvero seguito i miei consigli sugli stivali di pioggia alla moda? Io non ne capisco nulla di stivali e di pioggia. Chissà.

Molte altre storie e cose strane sono capitate a causa e grazie alla scrittura per lavoro, magari prossimamente ne parlerò ancora.

 

Lascia un commento